Il rapporto tra apnee ostruttive del sonno e complicanze postoperatorie

Il rapporto tra apnee ostruttive del sonno e complicanze postoperatorie

Le apnee aumentano il rischio di eventi avversi dopo chirurgia: utile la diagnosi precoce con polisonnografia.

Pubblicata su Sleep Medicine, una metanalisi condotta all’Università cinese di Shenyang, Liaoning, attesta che le apnee aumentano il rischio di eventi avversi dopo chirurgia e sottolinea l’importanza di una diagnosi precoce, preferibilmente tramite una polisonnografia

Nella popolazione generale la prevalenza delle apnee ostruttive del sonno oscilla tra il 9 e il 24%, ma nei pazienti chirurgici è molto più elevata, probabilmente vicina al 40%.

Le ripetute alterazioni del ritmo respiratorio durante il sonno che caratterizzano la sindrome sfociano in ricorrenti episodi di ipossia, ipercapnia e iperattività simpatica che possono alimentare una serie di comorbilità che vanno dall’ipertensione all’infarto miocardico, all’insufficienza cardiaca, alle aritmie, allo stroke, alla sindrome metabolica. È stato anche dimostrato che la sindrome delle apnee notturne rappresenta un fattore di rischio di morbilità e mortalità perioperatoria, con i preparati anestetici, i sedativi, gli analgesici post-operatori e lo stress chirurgico che possono aggravare le apnee, aprendo la strada a possibili complicanze cardiopolmonari.

Eppure, non sempre la sindrome viene presa nella giusta considerazione prima di ricorrere alla sala operatoria. Grazie alla pressione positiva continua che mantiene pervie le vie aeree durante il sonno, la terapia ventilatoria CPAP rappresenta un approccio consolidato alle apnee ostruttive, ma la sua efficacia preoperatoria e/o post-operatoria non è ancora stata approfondita in modo adeguato. Il tema è stato affrontato da una metanalisi condotta all’Università cinese di Shenyang, Liaoning, pubblicata sulla rivista Sleep Medicine.

Le apnee aumentano le complicanze postoperatorie

Gli obiettivi del lavoro cinese erano di chiarire i rapporti tra le apnee ostruttive del sonno e le complicanze postoperatorie, verificando se la diagnosi preoperatoria e il ricorso alla terapia ventilatoria CPAP riducono il rischio. Dai 46 studi complessivi selezionati dalla letteratura, l’analisi cinese ha così fatto emergere che le apnee del sonno si associano in modo significativo con un rischio più elevato di complicanze postoperatorie di carattere respiratorio (OR = 1,91; 95% CI = 1,54 – 2,36) e cardiaco (OR = 1,74; 95% CI = 1,25 – 2,42), in proporzione crescente con l’entità delle apnee ostruttive stesse. Le apnee, inoltre, aumentano anche le probabilità di ricorrere alla terapia intensiva (OR = 1,92; 95% CI = 1,32 – 2,80), l’incidenza del delirium postoperatorio (OR = 1,83; 95% CI = 1,26 – 2,66), l’eventualità di un’emorragia e la durata del ricovero in ospedale (WMD = 0,48; 95% CI = 0,15 – 0,82).

Da una sotto-analisi specifica è emerso infine che la diagnosi preoperatoria e il ricorso alla terapia CPAP riducono il rischio di complicanze postoperatorie di pertinenza sia respiratoria (OR = 1,87; 95% CI = 1,43 – 2,43) sia cardiaca (OR = 1,17; 95% CI = 0,91 – 1,51).

 

Il valore diagnostico della polisonnografia preoperatoria

In pratica, in base a questa metanalisi le apnee ostruttive del sonno raddoppiano il rischio di complicanze cardiorespiratorie e aumentano drasticamente l’eventualità di una serie di parametri negativi dopo l’intervento.

Per la prima volta una metanalisi mette in luce il rilievo che assume l’entità della sindrome delle apnee ostruttive del sonno, con le forme più gravi che aumentano progressivamente il rischio di eventi postoperatori avversi. Per contro, una tempestiva diagnosi preoperatoria e il ricorso alla CPAP consentono di ridurre il peso delle complicanze. In attesa di trial di dimensioni più ampie, la metanalisi suggerisce quanto sia importante identificare in anticipo i pazienti a rischio di apnee. A tale proposito, gli autori sottolineano il valore diagnostico della polisonnografia in fase preoperatoria.

Non sempre, però, questo è possibile, e gli autori ricordano anche l’utilità degli appositi questionari di screening, che consentono di individuare i pazienti a rischio più elevato, anche se non sono efficaci quanto l’esame polisonnografico.

Reference

Sun X, Yu J, Luo J, Xu S, Yang N, Wang Y. Meta-analysis of the association between obstructive sleep apnea and postoperative complications. Sleep Med. 2022;91:1-11. doi:10.1016/j.sleep.2021.11.019

 

Sonno e Alzheimer: c’è una relazione tra scarsa qualità del riposo e malattia

Sonno e Alzheimer: c’è una relazione tra scarsa qualità del riposo e malattia

I ricercatori dell’Università e Centro di medicina del sonno delle Molinette di Torino: “Prendersi cura del sonno profondo potrebbe prevenire o rallentare l’insorgenza della patologia”

 09/03/2023

Mariavittoria Savini

 

C’è un legame diretto tra Alzheimer e una scarsa qualità del sonno: a dimostrarlo e a spiegare per la prima volta il meccanismo è uno studio di Università e Centro di Medicina del sonno delle Molinette di Torino. Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Acta Neuropathologica Communications.

I ricercatori hanno esaminato l’effetto di un sonno disturbato in topi geneticamente predisposti al deposito di beta-amiloide, una proteina, che compromette irreversibilmente le funzioni cognitive dell’animale anche se giovane.

Tutto ruota attorno al sonno frammentato, quelle interruzioni dovute a apnee, russamento, sindrome delle gambe senza risposo che disturbano la fase del sonno profondo.

“Durante il sonno c’è un sistema di pulizia, che si chiama sistema glinfatico che elimina le sostanze di scarto che noi accumuliamo durante la veglia. Purtroppo, queste svolgono una funzione di danneggiamento dei neuroni, delle cellule nervose e di conseguenza noi nella notte, nelle fasi di sonno profondo le dobbiamo eliminare obbligatoriamente se vogliamo avere un cervello sano” afferma Il professor Alessandro Cicolin del Centro di medicina del sonno dell’ospedale Molinette Torino. Insomma, un sonno troppo frammentato manda in tilt il sistema glinfatico, che non riesce più a smaltire neurotossine, come la proteina beta amiloide che compromette le funzioni cognitive.

È noto che il riposo notturno nei pazienti affetti dalla malattia di Alzheimer sia spesso disturbato fino ad arrivare a una vera e propria inversione del ritmo sonno-veglia. In chi è predisposto all’Alzheimer il sonno frammentato favorisce l’insorgere della demenza senile, in pazienti già malati accelera e aggrava la malattia. Curare un sonno disturbato potrebbe invece rallentarne la progressione.

Un’altra considerazione: si parla spesso di sonno in termini di quantità di ore impiegate nel riposo. Oggi dalla ricerca arriva l’invito a porre una maggiore attenzione alla “qualità del sonno”: è solo nel sonno profondo che il sistema glinfatico può svolgere efficientemente il compito di “pulizia” ed eliminazione delle sostanze neurotossiche che si accumulano in veglia; anche in assenza di altri fattori (riduzione del tempo di sonno o condizioni ipossiche), la sola frammentazione del sonno a livello cerebrale, ostacolando il mantenimento del sonno profondo, è in grado di innescare e mantenere il processo. Si comprende sempre più come il sonno sia un fenomeno attivo, regola il nostro metabolismo, il sistema immunitario e circolatorio.

“Dobbiamo quindi iniziare a considerare il sonno un nostro amico, non una cessazione della vita o una pausa passiva, ma dobbiamo rispettarlo, perché se non lo rispettiamo- avverte Cicolin, andiamo incontro ad una compromissione non solo cerebrale ma anche sul piano sistemico”. E’ comprensibile infatti come i disturbi del sonno, come insonnie, apnee e sindrome delle gambe senza riposo, costituiscano un significativo fattore di rischio per obesità, ipertensione, diabete, infarto, ictus, cancro e demenze ed in tal senso da includere nelle politiche di prevenzione sanitaria.