Ti stai allenando troppo? Ecco 3 modi per capirlo.
Hai mai sentito parlare di sovrallenamento?
Il problema più diffuso oggi è certamente la sedentarietà, ma anche chi si allena con costanza e disciplina va incontro a rischi, come quello di fare troppi sforzi e di compromettere sia i risultati, che la propria salute.
Per comprendere a fondo il concetto di sovrallenamento dobbiamo partire da una regola fondamentale della biologia: il miglioramento di un organismo avviene attraverso un delicato rapporto tra stress e recupero.
E come facciamo a mantenere inalterato questo rapporto?
Ma come si riconosce questo sovrallenamento?
Attraverso 3 punti principali:
- scarsità di risultati
- stanchezza (abbinata ad una maggiore suscettibilità alle patologie infettive)
- calo della motivazione
Oltre a questi “sintomi” è anche bene distinguere i due stadi del sovrallenamento, uno collegato al sistema nervoso simpatico e l’altro collegato al sistema nervoso parasimpatico.
Il problema più diffuso oggi è certamente la sedentarietà, ma in chi invece l’attività fisica la fa seriamente, in chi si allena con costanza e disciplina c’è un altro rischio che forse è più importante di quello che si può pensare, ed è il rischio di sovra-allenamento, cioè il rischio di fare troppo e di compromettere così a lungo termine sia i risultati che si ottengono, che la propria salute.
Per capire il concetto di sovrallenamento dobbiamo partire da una regola fondamentale della biologia e la regola è che la crescita, il miglioramento di un organismo, avviene grazie ad un rapporto delicato e assolutamente fondamentale tra stress e recupero, tra carico e scarico, cioè l’organismo risponde a un meccanismo che prevede la spinta da una parte (e in questo caso se stiamo parlando di allenamento sarà la spinta data dal carico di lavoro in allenamento), ma anche dal recupero che è il vero momento chiave in cui l’organismo utilizza le risorse energetiche per creare nuovo tessuto, per riparare il danno e in parole molto semplici per diventare più forte. Il recupero è il momento in cui l’organismo diventa più forte. L’allenamento è il momento in cui sono in grado di dare quella spinta all’organismo che lo destabilizza, gli fa perdere per un momento l’equilibrio, ed è proprio quella spinta che durante il recupero permette appunto la crescita e il miglioramento.
Il sovrallenamento è un problema discusso nella comunità scientifica da tantissimo tempo perché è un problema serio per gli atleti agonisti, per i professionisti, ma è anche abbastanza difficile da quantificare e diagnosticare perché ovviamente la crescita e il miglioramento avvengono ad un passo dal sovrallenamento. È chiaro che se uno ci sta troppo lontano e sta molto di più nella fase di recupero, o non di carico, l’organismo non sarà abbastanza stimolato a migliorare. Dunque è un confine molto molto sottile, ma c’è un problema però che spesso viene trascurato, cioè lo stress inteso come allenamento va a sommarsi allo stress della vita di una persona e questo è particolarmente vero per l’atleta che non è un professionista.
Il professionista ovviamente fa fondamentalmente solo quello, anche se non è proprio vero questo perché il professionista poi è sollecitato da tanti altri stimoli come i media, i giornali, quello che si dice di lui, cioè non è così semplice come uno può immaginarselo, ma comunque sia il professionista ha l’attività fisica al centro della sua vita.
L’agonista o l’atleta serio, ma non professionista, ha ovviamente tante altre cose a cui badare, per esempio un lavoro, e quindi lo stress accumulato nell’allenamento va a sommarsi allo stress della vita e questo incide in maniera molto profonda sulla capacità di recupero. A lungo andare questa situazione si traduce in un vero e proprio sovrallenamento, cioè in una condizione che porta l’atleta completamente fuori strada.
Come si riconosce questo sovrallenamento?
- Il punto numero 1 è ovviamente una scarsità di risultati. Quando si entra in stallo, quando pur allenandosi bene si vede che i risultati non vengono, o addirittura si ha un peggioramento, non è sempre così, ma in una stragrande maggioranza dei casi è bene interrogarsi sul fatto che magari si sta facendo troppo. Potrebbe essere che si sta facendo troppo poco, ma se si è degli atleti seri è poco probabile, è più probabile che l’esagerazione avvenga in senso di eccesso di allenamento.Allora se mi sto allenando veramente bene, veramente tanto e vedo che risultati non vengono, la domanda da farsi è “non è il caso forse di fare un pochino meno?”. Ecco questo è il primo punto.
- Il secondo punto è una generica stanchezza associata molto spesso ad una aumentata suscettibilità alle patologie infettive anche banali come l’influenza, il raffreddore… Quando per tanto tempo ci si sente stanchi e si vede che il sistema immunitario non risponde in maniera corretta, anche lì devo sospettare che forse il corpo mi sta chiedendo riposo.
- Il terzo punto molto importante è il calo della motivazione. Questo è un punto più emotivo che fisico se vogliamo, ma anche qua è il nostro organismo che dice “Rallenta”. Se non hai voglia ci deve essere un motivo, soprattutto se sei un atleta serio, perché l’atleta serio non casca mai in quella trappola della mancanza di voglia legata alla pigrizia. Quindi anche questo è un segnale.
Oltre a tutto questo è importante anche distinguere due stadi del sovrallenamento: uno stadio che riguarda più il sistema nervoso simpatico, che non è simpatico come uno può pensare, ma è la parte del sistema nervoso autonomo deputata alla risposta da stress, alla risposta da fuga e combattimento quindi è quella componente del sistema nervoso che ci attiva. Quando questo è sovrastimolato, il sovrallenamento dà delle sintomatologie da sovrastimolazione, quindi per esempio l’agitazione, l’irritabilità, l’insonnia, la tachicardia, la perdita di peso.. Queste sono spesso indicazioni di un sovrallenamento indotto da una iperattivazione del sistema nervoso simpatico.
A volte questo è il primo stadio del sovrallenamento e poi si passa al secondo, a volte rimane questo, a volte c’è una distinzione tra le tipologie di sovrallenamento in funzione dell’attività fisica fatta. Per esempio il sovrallenamento di tipo simpatico è più probabile negli sport di potenza e di velocità, l’altra tipologia di sovrallenamento è quella invece indotta più dal sistema nervoso parasimpatico che è il sistema generalmente legato al recupero e alla calma, ma che ha anche un connotato però, invece di bloccare la risposta dell’organismo allo stimolo esterno, in questo caso i sintomi che la persona avrà saranno invece un po’ al contrario, la bradicardia, l’aumento di peso, la sonnolenza, la mancanza di voglia, la spossatezza… questi sono sintomi appunto più legati al parasimpatico.
Come ti dicevo possono essere due stadi, cioè inizia il sovrallenamento con una versione più legata al sistema nervoso simpatico e poi diventa, se continuo a sovrallenarmi, sistema nervoso parasimpatico, oppure può essere una distinzione legata alla tipologia di sport che faccio. Sport di forza e di potenza hanno più la tendenza ad un sovrallenamento di tipo simpatico, sport invece di lunga durata e resistenza più un sovrallenamento di tipo parasimpatico.
In conclusione cosa è importante capire? È importante capire che se sei un atleta serio è difficile che tu faccia troppo poco, perché sennò non saresti un atleta serio. Quindi quando vedi che ci sono delle cose che non funzionano nella tua risposta fisiologica ai carichi di lavoro, prova a ipotizzare che la soluzione sia fare meno. Fare meno significa perlomeno due cose: 1) organizzare il proprio allenamento o meglio la periodizzazione dell’allenamento con dei criteri scientifici; se non li hai tu, ti devi fare aiutare da un trainer capace, perché l’allenamento non è soltanto carico carico carico, ma è diciamo un armonico bilanciamento tra tipologie di allenamento e tipologie di recuperi nel corso del tempo 2) più semplice, ma altrettanto importante, ogni tre mesi una settimana di interruzione completa nella maggior parte dei casi è un fenomenale metodo per evitare il sovrallenamento e per garantirsi che lo sforzo che fai si traduca sempre in risultati concreti.