Cosa vuol dire alta prestazione?
Se mi segui con una certa costanza mi avrai sentito parlare spesso di alta prestazione. Saprai che ho lavorato come medico con astronauti, atleti,
militari e manager di ogni tipo ottimizzando la loro salute e aumentando le loro capacità funzionali. Saprai anche che al mio lavoro di medico affianco quello di coach nell’ottica di aumentare il potenziale di ogni persona e le risorse che ha a disposizione per cambiare e migliorarsi.
Spesso parlo di vivere a pieno, che è anche il titolo del mio ultimo libro, e con questa frase intendo proprio descrivere una vita vissuta al massimo e al meglio. Una vita fatta senza intoppi, in cui se cadi, trovi subito le risorse per rialzarti e ripartire.
Ma cos’è esattamente l’alta prestazione? Come possiamo definirla e declinarla nella vita di tutti noi che non siamo né astronauti né atleti d’élite?
Spesso tendiamo a pensare al termine prestazione come a qualcosa che riguarda persone speciali che riteniamo fatte di un materiale diverso dal nostro. Riteniamo che l’alta prestazione sia il frutto di un talento innato che alcuni hanno, ma che la maggior parte di noi non possiede. Ma le cose non stanno così.
Si può dare il massimo di sé in qualsiasi campo, come impiegato, mamma, avvocato o insegnante. In ogni sfera della nostra esistenza. Con gli altri, con noi stessi, con i familiari, con gli sconosciuti.
La prestazione massima emerge da uno stato di grande coerenza tra bisogni profondi, valori personali, comportamenti e risultati che si ottengono come conseguenza di tutto questo.
Ci sono alcuni fattori che contraddistinguono qualsiasi tipo di alta prestazione:
- Un enorme livello di pratica che porta ad un alto grado di padronanza;
2. Una qualche forma di piacere o divertimento percepito nell’eseguire il compito;
3. Uno stato mentale di profonda concentrazione, di isolamento, che rende lo scorrere del tempo quasi impercettibile.
Sul piano neurofisiologico l’alta prestazione coincide con una condizione detto di flow (letteralmente flusso) in cui una persona è totalmente e profondamente immersa in ciò che fa, si sente ricaricata, resa appunto quasi fluida, dalla fatica stessa affrontata.
Questo stato è molto simile, se non del tutto sovrapponibile, a quello che si ottiene con la meditazione ed è causato da uno specifico cambiamento delle onde cerebrali e da un fenomeno detto di ipofrontalità transitoria. Si tratta di una temporanea disattivazione della corteccia pre-frontale, la zona del cervello responsabile della maggior parte delle funzioni cognitive, comprese quelle negative dell’auto-giudizio, dell’auto-sabotaggio, del dubbio e del rumore di fondo, delle nostre paure che fungono spesso da principali freni per la prestazione stessa.
Contrariamente a quello che si pensa, l’alta prestazione non è direttamente connessa con il talento. È invece il prodotto della pratica deliberata e ben gestita nel tempo. La padronanza si ottiene con il perfezionamento progressivo di un gesto, ma richiede alcuni prerequisiti:
- Isolamento mentale
Non è possibile ottenere un elevato grado di prestazione se la mente è bombardata da troppi stimoli in parallelo. Occorre trovare un modo per isolarsi e perdersi in quello che si sta facendo.
- Selezione operativa
Conseguenza diretta del primo punto è la necessità di selezionare un singolo compito su cui addestrarsi. Quando i compiti sono complessi può essere utile imparare a spezzarli in varie sotto-componenti come fa un atleta che allena diverse funzioni separatamente.
- Piacere emotivo
Il carburante che sostiene la prestazione massima è il piacere emotivo e non il sacrificio né tantomeno la forza di volontà. È molto difficile ottenere una prestazione elevata in qualcosa che non ti piace davvero.
Ogni persona può arrivare ad una prestazione elevata nello specifico campo in cui sceglie di addestrarsi. Il talento e la genetica non contano molto. Quello che invece serve è un bagaglio di conoscenze che vengano trasformate in un piano d’azione. Poi, come un atleta diligente, si tratta solo di ripetere e continuare a perfezionare nel tempo.