Troppo stress? 3 soluzioni per superarlo definitivamente
In molti pensano che lo stress sia solamente un fattore negativo, ma non è sempre così.
Ci sono, ad esempio, alcune situazioni in cui lo stress provoca una sorta di “adattamento” e questo viene vissuto come qualcosa di positivo dalla persona che ha avuto l’esperienza stressante.
Riuscire a controllare le situazioni stressanti può aiutarti enormemente nella vita di tutti i giorni.
Vuoi scoprire come rendere “positivo” il tuo stress quotidiano?
Ognuno di noi ha la possibilità di ottimizzare la propria risposta allo stress.
In che modo?
Innanzitutto mantenendo il controllo sullo stress e avendo una visione a lungo termine di un traguardo, o di un obiettivo, in grado di rendere più “tollerabili” i livelli di stress quotidiano.
Bisogna cercare di dominare lo stress e non subirlo!
Altra cosa fondamentale è il recupero dalle situazioni stressanti, ovvero la capacità di “staccare la spina”. Devi sapere infatti che lo stress si accumula e se non hai la capacità di recuperare energia, rischi di soccombere.
Come sapere se sarai in grado di superare una situazione stressante?
Lo stress è ovviamente un fenomeno fisiologico, sarebbe meglio chiamarlo “risposta da stress indotta da un agente stressante” e ovviamente tutti noi sperimentiamo vari gradi di stress nella nostra vita e bisogna sempre ricordare che lo stress, inteso come risposta biologica a una sorta di sfida, ad un cambiamento ambientale esterno, è un fatto assolutamente positivo ed è un fatto che ha accompagnato l’intera storia evolutiva della vita su questo pianeta, quindi non c’è niente di strano in questo tipo di risposta.
Sappiamo però tutti, anche per esperienza personale, che ci sono alcune situazioni in cui lo stress provoca un “adattamento” e questo viene interpretato, vissuto, come qualcosa di positivo dalla persona che ha avuto l’esperienza stressante, e ci sono invece delle altre situazioni in cui lo stress provoca un “disadattamento”, provoca dei fenomeni che non sono positivi nella persona che ha vissuto l’episodio stressante.
Nella storia della ricerca sullo stress si sono usati per molto tempo i termini “eustress e distress”: eustress identificava, o identifica tuttora, proprio quelle situazioni in cui vieni esposto all’agente stressante, ma in un certo senso ti adatti positivamente a questo agente stressante. Distress viene invece utilizzato per capire che lo stesso agente stressante potrebbe dare una risposta completamente diversa e di tipo negativo.
Ma quali sono le variabili che fanno però veramente la differenza in questo? Sono variabili che riguardano l’agente stressante? Probabilmente no, perché dalla ricerca sappiamo che non è quello che fa la differenza. Sappiamo che a volte soggetti diversi esposti ad agenti stressanti identici hanno delle risposte completamente differenti. Ma cos’è che fa la vera differenza allora? E a che livello del meccanismo si nota che la risposta cambia e viene interpretata in un modo positivo o negativo? Non è nemmeno un livello dell’organismo perché la risposta da stress ha una caratteristica, che è stata definita già ai tempi di Hans Selye, uno dei padri della ricerca sullo stress, che è una risposta generica, è sempre uguale e non cambia. Quindi due persone che affrontano lo stesso agente stressante paradossalmente hanno la stessa identica risposta biologica allo stress, eppure due esiti differenti.
Allora io ti do quella che secondo me è un’interpretazione attendibile di quello che emerge da tante ricerche e devo dire anche dall’esperienza, diciamo personale, mia, avendo lavorato con persone che si sono esposte o sono state esposte a livelli di stress molto alti.
1) Il primo punto che fa una differenza enorme è quanto controllo la persona percepisce sull’agente stressante e quanto la persona percepisce, o ritiene, di essersi esposta a quell’agente stressante volontariamente.
Quindi il primo punto è totalmente interpretativo, perché non è assolutamente detto che la persona abbia veramente un grado di controllo più alto, non è nemmeno detto che ci sia una grande differenza nella volontarietà dell’esposizione, ma l’interpretazione di un soggetto che dice “ok, io mi sto esponendo a questo stress, ma ho la situazione sotto controllo e ho scelto io di espormi a questo stress” cambia drasticamente l’effetto che quell’esposizione stressante avrà sulla persona.
2) Il punto numero due, che è in un certo senso connesso con il punto uno, è che la persona mantenga una visione a lungo termine di un traguardo che rende l’esposizione allo stress sensata. Cioè, in altre parole che la persona percepisca che ci guadagna qualcosa da questa esposizione allo stress, quindi che non sia passivamente esposto con un basso grado di controllo sulla situazione e per di più con la percezione che non ci guadagna nulla a lungo termine.
Un esempio classico di stress subìto e di stress invece controllato è la differenza tra un grande manager, per esempio, e un suo impiegato. Il grande manager che magari tollera livelli di stress altissimi, impegni numerosissimi, viaggi, stanchezza e spostamento ha però una grande percezione di controllo perché è lui in testa all’azienda, ha la totale sensazione di essersi volontariamente esposto a quel livello di stress e ha la visione del successo, del guadagno, della fama, del creare una grande azienda che lo appaga e rende quello stress abbastanza innocuo. Dico abbastanza perché ci sono tante sfumature in questo.
Viceversa un suo impiegato che subisce ritmi molto pressanti, che non si è volontariamente esposto a un certo grado di stress e che per di più non vede un grande vantaggio a lungo termine perché tutto sommato non ci guadagnerà granché, ecco che con lo stesso livello di stress, lo stesso fenomeno nello stesso ambiente darà delle risposte molto diverse.
3) È molto importante che le persone che hanno una grande capacità di tolleranza positiva allo stress si garantiscano tanti recuperi strada facendo, ossia sono persone capaci di esporsi allo stress, ma poi di garantire che nel momento in cui c’è un attimo di recupero è come se lo stress non ci fosse.
Incredibilmente un esempio di questo sono gli astronauti che quando sono sulla stazione sono esposti oggettivamente a livelli di stress molto elevati, ma poi quando arriva l’ora di andare a dormire chiudono tutto e vanno a dormire. Un altro, non altrettanto preparato, comincerebbe a lavorare con la testa e dire “oddio sono sospeso in una stazione spaziale in orbita mentre dormo, poi domani devo fare questo, tutti gli impegni, la ricerca, la strumentazione di bordo, la responsabilità…” invece queste sono persone che sanno staccare la spina.
Un altro esempio sono i militari d’elite, che magari anche in operazioni pericolose di guerra, quando hanno il turno di recupero, riescono tranquillamente a dormire.
Perché questo è importante? Perché lo stress tende ad accumularsi esponenzialmente, quindi se tu hai da affrontare un periodo di stress prolungato e non sei capace a dosare dei recuperi strategici all’interno di questo percorso sei condannato a soccombere.
Allora è molto importante capire che, sì lo stress è fisiologico, ma che ognuno di noi ha la possibilità di, in un certo senso, ottimizzare la propria risposta allo stress e forse questi tre punti che ti ho segnalato 1) il controllo e l’esposizione volontarie 2) la visione e un traguardo a lungo termine 3) il garantirsi i recuperi, alcuni magari sono capaci di averli quasi istintivamente nel loro comportamento, ma penso che ognuno di noi tutto sommato può provare ad esercitarli.
In fondo anche il grado di controllo e l’esposizione volontaria solo due aspetti sì oggettivi, ma tutto sommato anche molto interpretativi.
Ci sono storie, la più famosa quella di Mandela, ma ce ne sono altre, di persone che sono state incarcerate ingiustamente e che hanno fatto di quella situazione un cambiamento di vita enorme, perché? Perché non hanno ceduto al senso di controllo, hanno capito che quel fenomeno, quello che gli stava accadendo, poteva essere preso come una lezione per fare un salto in avanti e l’hanno sfruttato nel modo migliore possibile.