Come affrontare il senso di impotenza!

Come affrontare il senso di impotenza!
Nelle situazioni di grande stress come quella attuale, una delle cose più pesanti e difficili da gestire è il senso di impotenza.
Quando una situazione sembra ingestibile e fuori dal nostro controllo lo stress si amplifica fino a diventare intollerabile.
Sono situazioni ben conosciute negli ambienti dei militari d’elite che si trovano spesso di fronte a situazioni che sembrano non offrire alcuna via di scampo.
Oggi per via dell’epidemia che si sta diffondendo in modo violento in Europa, molti di noi si sentono in questa situazione, ma sono privi del bagaglio di addestramento che permette ai militari d’élite di superare situazioni che sono ben più pericolose di queste.
Ecco qui alcuni passi concreti:
1) Fissare dei goal, degli obiettivi concreti e piccoli. Anzi sarebbe utile puntare all’obiettivo più alla propria portata e dimenticare gli altri aspetti. Nel caso di questa epidemia ha poco senso essere aggiornati sul numero di contagi (cosa utile per gli addetti e gli esperti) e invece concentrarsi concretamente sulle norme da seguire per ridurre i rischi.
2) Concentrarsi su alcune abitudini sotto il nostro controllo e mantenere alto il senso di scopo. Ossia ricordarsi costantemente il perché, si sta in isolamento in modo che la frustrazione non prevalga sulla motivazione.
3) Curare il proprio autodialogo, sentire le frasi che girano per la testa e quando sono fuori controllo, quando cioè ci accorgiamo che il nostro dialogo è negativo, riportare a galla gli obiettivi e il senso di scopo per riportare la quiete.
4) Mantenere la calma, non farsi prendere dal panico perché nel panico perdiamo lucidità e commettiamo errori a discapito nostro e degli altri. Possiamo usare per questo la meditazione o tecniche come la respirazione tattica.
Nelle situazione di grande difficoltà dobbiamo sforzarci di concentrarci sulle cose che sono sotto il nostro controllo e di mettere in disparte le altre.
È l’unica soluzione che abbiamo per non soccombere.

Modulo Autocertificazione

Il sottoscritto _____________________________________, nato il _________ a ____________, residente in ___________________, via__________________________, identificato a mezzo __________________ nr. _____________________ utenza telefonica _________________, consapevole delle conseguenze penali previste in caso di dichiarazioni mendaci a pubblico ufficiale (art 495 c.p.)
DICHIARA SOTTO LA PROPRIA RESPONSABILITÀ ……..


 

PROTOCOLLO IMMUNITA’

PROTOCOLLO IMMUNITA’ – “coronavirus”  (Dr. Mastrodonato)

SILVER BLU T  spray topico, con argento microcolloidale:  su mucose e per lavarsi le mani; 2-3 volte al di sul cavo orale e nelle fosse nasali e sulla cute.

ECHINACEA 400 f:  stimola le difese immunitarie:  1 f da bere la sera;

BIODIT VITA 500 cpr astragalo, withania, eleuterococco, curcuma e chiretta verde: 1 cpr mattino e sera, lontano dai pasti;

KAPPAPHYT 8 bst; con funghi medicinali Cordyceps (cordyceps sinensis); agaricus (agaricus blazei murril); rheishi (ganoderma lucidum; maitake (grifola frondosa); shitake (lentinus edodes);  1 bst die, il mattino a digiuno.

(BIODIT UNO gtt: estratti vegetali associati e combinati in giusta proporzione per favorire il riequilibrio psico-fisico e le difese immunitarie. Astragalo, Echinacea, Maitake, Uncaria, Tabebuja ipe e Baptisia. 20 gtt 3 volte al dì, a digiuno in acqua😉)

COLOSTRUM UNICIS  400 cps sostiene l’immunità agendo come riequilibrante nell’intestino e migliorando l’utilizzazione di fattori nutrizionali. 1 cps mattino e sera, lontano dai pasti.

MUCOSIN cpr. Orosolubili. N acetilcisteina e vitamina C.  3 volte die, da sciogliere in bocca, in caso di mucosità.

Jesi, 07/03/2020                                             

                                                                       Dr. Bruno Borioni

Micronutrizione a sostegno dell’immunità

Micronutrizione a sostegno dell’immunità
Le funzioni principali del sistema immunitario consistono nel proteggere l’organismo umano da infezioni ad opera di microrganismi patogeni quali virus e batteri, riparare danni ai tessuti e fornire una sorveglianza continua contro lo sviluppo di cellule tumorali.
Per svolgere appieno le sue funzioni, il sistema immunitario necessita di un adeguato apporto di macro- e micronutrienti.
Le carenze micronutrizionali gravi sono frequenti nei paesi in via di sviluppo, mentre nei paesi industrializzati sono endemiche le carenze subcliniche dovute per lo più a diete a base di alimenti processati, ricche di calorie ma povere di nutrienti.
I principali micronutrienti classici (vitamine e minerali) che sostengono il normale funzionamento del sistema immunitario e le difese naturali in generale sono:
– vitamina D
– vitamina C
– zinco
– selenio
– magnesio.
Oltre a questi, numerosi studi clinici hanno mostrato che alcuni principi attivi contenuti negli estratti di piante come la curcuma e l’echinacea possono modulare (nel caso della curcuma) o stimolare (nel caso dell’echinacea) le difese immunitarie.
In ultimo, non possiamo dimenticare il ruolo del microbioma e delle funzioni barriera degli epiteli, che costituiscono il primo livello di difesa nei confronti dei patogeni. Il nostro organismo è costantemente a contatto con trilioni di batteri, virus, funghi e altri microrganismi che contribuiscono al mantenimento dell’integrità delle mucose e quindi delle difese immunitarie. Il muco riveste gli endoteli di tutti i tessuti e costituisce la prima barriera fisico/chimica contro l’ingresso di microrganismi patogeni. Per questo motivo è importante supportarne la normale produzione e composizione.
Vitamina D
Da tempo nota per i suoi effetti sul controllo dell’omeostasi del calcio e la salute dell’osso, oggi sappiamo che la vitamina D ha effetti importanti anche nella regolazione delle funzioni immunitarie. Il suo recettore VDR (Vitamin D receptor) è espresso in ogni cellula immunitaria del nostro organismo: linfociti B e T, monociti, macrofagi e cellule dendritiche. Le stesse cellule immunitarie sono in grado di convertire il 25(OH)D3 nella forma attiva 1,25(OH)2D3, responsabile dell’attività immuno-regolatoria (Sassi F. et al., 2018; Lin R, 2016).
La vitamina D viene assunta con gli alimenti solo in piccola parte (20%), il resto è prodotto a seguito dell’esposizione alla radiazioni solare (in particolare agli UVB) per conversione di un derivato del colesterolo nella provitamina D colecalciferolo. Questo processo avviene nel derma cutaneo. La vitamina D3 così prodotta viene in seguito attivata mediante due reazioni di idrossilazione, la prima a livello epatico e la seconda a livello renale (Sassi F. et al., 2018).
La forma attiva della vitamina D agisce stimolando la sintesi di defensine e catelicidine, due famiglie di peptidi antibatterici che vengo sintetizzate da macrofagi, monociti e altre cellule dell’immunità innata, così come dalle cellule dell’epitelio intestinale. Inoltre, l’1,25(OH)2D3 è in grado di stimolare la chemiotassi delle cellule dell’immunità e di potenziare l’attività fagocita dei macrofagi, potenziare le funzioni di barriera degli epiteli e agire come modulatore della permeabilità intestinale. L’effetto complessivo sull’immunità innata è quindi stimolatorio e favorisce la clearance di microrganismi patogeni quali batteri, funghi e virus (Lin R, 2016; Sassi F. et al., 2018; Wu D. et al., 2019).
La vitamina D è inoltre in grado di modulare l’espressione e l’attività delle cellule dell’immunità acquisita Th1 e Th17 (riducendone l’attività e la sintesi di citochine proinfiammatorie), Th2 e Treg 1 (potenziandone, al contrario, l’attività), e APC (antigen presenting cell), come le cellule dendritiche, che fanno da ponte tra i due bracci dell’immunità (Bivona G et al., 2018; Sassi F. et al., 2018; Wu D. et al., 2019). Si ritiene che l’effetto complessivo della vitamina D sulle cellule dell’immunità acquisita sia mediato proprio dalla sua azione sulle cellule dendritiche, e che la loro maturazione venga direzionata verso un fenotipo tollerante (Wu D. et al., 2019).
Una recente metanalisi di 25 studi clinici ha evidenziato come l’incidenza di infezioni acute del tratto respiratorio era notevolmente più bassa nei pazienti che facevano supplementazione con vitamina D (Chang SW&Lee HC, 2019; Martineau AL et al., 2017).
Adeguati livelli ematici di vitamina D sono quindi necessari per il corretto funzionamento del sistema immunitario, sia in termini di potenziamento delle difese immunitarie innate contro microrganismi patogeni, sia per regolare l’attività della risposta immunitaria acquisita.
La dose giornaliera consigliata è di 2000UI. Gli esperti del ministero della salute affermano che la somministrazione giornaliera è preferibile rispetto ai boli bisettimanali o mensili. L’Efsa e la comunità europea autorizzano quindi i prodotti di integrazione alimentare contenenti il prezioso ormone-vitamina a utilizzare il claim: La vitamina D contribuisce al normale funzionamento del sistema immunitario.
Vitamina C
L’acido ascorbico, o vitamina C, è ben nota per il suo effetto antiossidante e immunomodulante. Il contenuto di vitamina C nelle cellule immunitarie varia da 3,5 a 1,5 μΜ, a seconda del tipo di cellula considerata, e riflette la concentrazione plasmatica di circa 50 μΜ, in un soggetto che consuma giornalmente una quota di vitamina C superiore a 100mg (Ang A et al., 2018).
La quota intracellulare di vitamina C è estremamente importante, essendo cofattore di numerosi enzimi coinvolti nel metabolismo e nel controllo epigenetico delle cellule immunitarie (Ang A et al., 2018).
La vitamina C è fondamentale per il mantenimento dell’integrità delle barriere mucosali, ad esempio nel tratto gastrointestinale e respiratorio: supporta infatti la sintesi del collagene e protegge le membrane cellulari allo stress ossidativo. È coinvolta nella regolazione della differenziazione, proliferazione e attività delle cellule immunitarie, tra cui macrofagi, neutrofili e linfociti T; potenzia l’azione dei linfociti natural killer, e l’attività chemotattica e fagocitica dei macrofagi; promuove la sintesi di anticorpi. Aumenta inoltre la sintesi delle proteine del complemento, e contribuisce a controllare lo stato ossidativo delle cellule coinvolte nelle reazioni immunitarie, rigenerando i sistemi antiossidanti endogeni (glutatione e vitamina E) (Gombart AF et al., 2020). L’Efsa e la comunità europea autorizzano quindi i prodotti di integrazione alimentare contenenti la vitamina C a utilizzare il claim: La vitamina C contribuisce al normale funzionamento del sistema immunitario. L’apporto di vitamina C andrebbe frazionato nel corso della giornata per ottimizzare l’assorbimento e il metabolismo. Una somministrazione di 500mg bis in die sono un ottimo compromesso tra farmacocinetica della sostanza e compliance.
Zinco
Lo zinco è un metallo di transizione fondamentale per numerosi processi cellulari di crescita, differenziamento, riparazione, metabolismo e mantenimento dell’integrità e funzionalità; è altresì un modulatore molto importante della risposta immunitaria.
Si stima che circa il 30% della popolazione mondiale sia carente di zinco, causando circa 800.000 morti all’anno, favorendo lo sviluppo di diarrea e polmonite batterica (in particolar modo in bambini
1 Th1 e Th17 sono fondamentali per la risposta ai microrganismi patogeni intracellulari, mentre i Th2 rispondono alle infezioni extracellulari e contribuiscono alla risposta umorale. Un’iperattivazione dei Th1 e Th17 è stato associato allo sviluppo di malattie autoimmuni (Wu D. et al., 2019).
e anziani), e contribuendo all’invecchiamento e deterioramento del sistema immunitario (Immunosenescenza – Wu D. et al., 2019).
Lo zinco è quindi un elemento fondamentale per il mantenimento dell’omeostasi immunitaria: la sua carenza ha conseguenze significative sia sull’immunità innata che su quella adattativa. Agisce infatti come modulatore della proliferazione dei Th1, favorisce la risposta anticorpale, l’attività dei linfociti natural killer e quella fagocita dei macrofagi, lo sviluppo dei Treg e delle cellule dendritiche (Wu D. et al., 2019).
La correzione della deficienza di zinco attraverso la sua supplementazione riduce la mortalità per malattie infettive (Wu D. et al., 2019). Per questi motivi l’Efsa e la comunità europea autorizzano i prodotti di integrazione alimentare contenenti zinco a utilizzare il claim: Lo zinco contribuisce al normale funzionamento del sistema immunitario. L’apporto di zinco deve essere giornaliero vista la scarsa capacità dell’organismo di immagazzinare questo metallo. Andrebbero preferite forme ad alta biodisponibilità come i bisglicinati, che tra l’altro non risentono della contemporanea assunzione di altri metalli.
Selenio
Il selenio è un micronutriente essenziale che svolge un ruolo fondamentale durante lo sviluppo embrionale e in un’ampia varietà di altre funzioni, incluse quelle del sistema immunitario. Il sistema immunitario necessità di un adeguato apporto giornaliero di selenio, la cui biodisponibilità dipende da numerosi fattori tra cui la forma con cui il selenio viene assunto, la sua conversione in metaboliti, e fattori genetici dell’individuo che influenzano il metabolismo del selenio stesso (Havery JC&Hoffmann PR, 2018).
Una delle forme più bioaccessibili con cui il selenio può essere assunto è la selenometionina, anche se comunemente vengono utilizzate altre forme come il selenito di sodio. Il selenio viene quindi incorporato nelle selenoproteine in forma di selenocisteina. Nell’uomo sono state individuate 25 selenoproteine, alcune delle quali svolgono funzioni enzimatiche molto importanti per l’omeostasi del sistema immunitario (Havery JC&Hoffmann PR, 2018).
Gli effetti della carenza di selenio si manifestano sia sull’immunità innata che su quella acquisita: il suo adeguato intake è fondamentale per la modulazione dell’attivazione di linfociti B e T; la sintesi di anticorpi; la migrazione dei macrofagi e la modulazione della loro attività (conversione ed equilibrio M1-M2); l’attività dei linfociti natural killer (Havery JC&Hoffmann PR, 2018). Per questi motivi l’Efsa e la comunità europea autorizzano i prodotti di integrazione alimentare contenenti zinco a utilizzare il claim: Il selenio contribuisce al normale funzionamento del sistema immunitario.
Una integrazione giornaliera compresa tra i 40 e i 80 microgrammi al giorno rappresenta una scelta ideale in termini di efficacia e tollerabilità.
Magnesio
Al di là del suo ruolo fondamentale come cofattore di oltre 300 enzimi cellulari, il magnesio svolge un ruolo importante anche nella modulazione della risposta immunitaria. Contribuisce alla differenziazione e la proliferazione dei linfociti B e T; è coinvolto nell’attivazione di macrofagi e leucociti; è un cofattore molto importante per la produzione di anticorpi e nella citolisi mediata da anticorpi (Gombart AF et al., 2020; Chaigne-Delalande B&Lenardo MJ, 2014).
La carenza di magnesio nell’uomo è associata ad uno stato di infiammazione cronica (Chaigne-Delalande B&Lenardo MJ, 2014). Il magnesio è presente in molte acque minerali, alimenti e integratori alimentari. Le forme a migliore biodisponibilità sono i sali organici come il glicerofosfato e i chelati. Queste forme non danno generalmente effetti indesiderati gastrointestinali e permettono di ottenere gli effetti salutistici con apporti fisiologici di magnesio (100-200mg/die).
Curcumina e altri principi attivi di origine vegetale
La curcuma (Curcuma longa) è una pianta della famiglia delle Zingiberaceae originaria del Sud-Est Asiatico e dell’India, la cui radice è usata in cucina come spezia e conosciuta per le sue proprietà
terapeutiche da centinaia di anni. I principi attivi più noti per le proprietà antinfiammatorie e antiossidanti sono i curcuminoidi (di cui la curcumina è la molecola più studiata) e i turmeroni.
L’attività immunomodulatoria si manifesta a carico delle cellule dell’immunità quali cellule dendritiche, macrofagi e linfociti T e B, attraverso la modulazione dell’attività di NFkB e le vie di segnalazione intracellulare JAK/STAT (Catanzaro M et al., 2018).
A dispetto della sua elevata efficacia, la curcuma ha una bassa biodisponibilità: viene rapidamente metabolizzata dal microbioma intestinale e dal fegato, riducendo la sua attività terapeutica; per questo motivo è importante utilizzare forme di somministrazione che ne aumentino la biodisponibilità, mantenendo al contempo il profilo di sicurezza ottimale della pianta.
Nuove tecniche di farmacologia applicata hanno permesso di sviluppare formulazioni innovative in cui la sostanza attiva viene veicolata da una matrice di galattomanannani di origine naturale. Queste forme “retard” rilasciano gradualmente la curcumina in prossimità dell’enterocita garantendo la massima efficacia con l’utilizzo di soli 100mg di curcuminoidi.
Tra le altre piante utilizzate nella tradizione popolare e a cui si attribuiscono proprietà immunostimolanti, è interessante citare il genere Echinacea ed in particolare le specie E. purpurea, E. angustifolia e E.pallida. L’Echinacea è una pianta della famiglia delle Asteraceae, originaria del continente americano, utilizzata da secoli per trattare le patologie delle vie respiratorie. Alla pianta si associano effetti antinfiammatori, antivirali e antimicrobici (Catanzaro M et al., 2018) con l’apporto giornaliero di 200-400mg di estratto secco.
Microbioma e funzioni di barriera degli epiteli
Il microbioma, l’insieme dei microrganismi simbionti che vivono a contatto con il nostro organismo, è parte integrante delle nostre difese immunitarie. Un microbioma equilibrato e ben strutturato (in eubiosi) contrasta la colonizzazione da parte di microrganismi patogeni e supporta i processi dell’immunità innata e adattativa. Il microbioma impedisce direttamente la colonizzazione dell’epitelio da parte di microrganismi patogeni, mediante l’occupazione stabile di nicchie ecologiche disponibili, mediante competizione per le risorse nutritive, attraverso la metabolizzazione del muco intestinale con liberazione di fucosio (in gradi di inibire la virulenza di molti batteri e virus), attraverso la stimolazione della produzione di peptidi antimicrobici e IgA secretorie e la produzione di acidi grassi a catena corta (Kamada N et al., 2013).
Gli epiteli costituiscono una importante barriera fisica alla penetrazione di microrganismi patogeni, e sono parte integrante dei meccanismi dell’immunità innata. Due elementi svolgono un ruolo particolare:
– lo strato di muco che riveste gli epiteli;
– le giunzioni serrate che sigillano gli epiteli mantenendo uno stato di “permeabilità controllata” a livello degli epiteli stessi.
Il muco è un fluido viscoso costituito da una intricata rete di mucine, polipeptidi altamente glicosilati e contenenti elevati livelli di treonina e serina. Un elemento importante è il fucosio, uno zucchero altamente espresso nelle mucine intestinali, che svolge un ruolo fondamentale nella modulazione della virulenza e della replicazione dei microrganismi patogeni (Okumura R&Takeda K, 2018).
Le giunzioni serrate sono costituite essenzialmente dalle proteine claudine e occludine e sono fondamentali nella regolazione della corretta permeabilità intestinale e degli epiteli in generale. Alcuni metaboliti batterici, come il butirrato prodotto dal metabolismo delle fibre, sono in grado nell’intestino di stimolare la secrezione di muco da parte delle cellule mucipare caliciformi; l’indolo, un metabolita derivante invece dal metabolismo batterico del triptofano, è in grado di aumentare l’espressione di claudine e occludine, proteine fondamentali per la formazione delle giunzioni serrate (Okumura R&Takeda K, 2018).
Gli acidi grassi a catena corta e i derivati del metabolismo del triptofano esercitano effetti immunomodulatori su macrofagi e neutrofili, e potenziano la sintesi di anticorpi (IgA secretorie) da parte dei linfociti B (Delgado S et al., 2020).
Intervenire con la dieta e con la corretta integrazione a supporto del microbioma e sulle funzioni di barriera degli epiteli può contribuire in maniera determinante nel rinforzare e modulare la risposta immunitaria dell’organismo.
I probiotici possono essere utilizzati per l’integrazione avendo cura di preferire ceppi di documentata efficacia e formulazioni che garantiscono un adeguato apporto di organismi vivi e vitali. Un apporto di prebiotici inferiore ai 2-3 grammi al giorno è generalmente tollerato dalla maggior parte dei pazienti. Gli HMO si sono affacciati solo recentemente nel mondo dell’integrazione alimentare nel soggetto adulto. I dosaggi raccomandati sono 250mg-1g/die in qualsiasi momento della giornata.
BIBLIOGRAFIA
Ang A, Pullar JM, Currie MJ, Vissers MCM (2018). Vitamin C and immune cell function in inflammation and cancer. Biochemical Society Transactions 46 1147–1159
Avery JC, Hoffmann PR (2018). Selenium, Selenoproteins, and Immunity. Nutrients 10, 1203
Bivona G, Agnello L, Ciaccio M (2018). The immunological implication of the new vitamin D metabolism. Centr Eur J Immunol 43 (3): 331-334
Catanzaro M, Corsini E, Rosini M, Racchi M, Lanni C (2018). Immunomodulators Inspired by Nature: A Review on Curcumin and Echinacea. Molecules 23, 2778
Chang SW, Lee HC (2019). Vitamin D and health – The missing vitamin in humans. Pediatrics and Neonatology 60, 237-244
Delgado S, Sànchez B, MArgolles A, Ruas-Madiedo P, Ruiz L (2020). Molecules Produced by Probiotics and Intestinal Microorganisms with Immunomodulatory Activity. Nutrients 12, 391
Gombart AF, Pierre A, Maggini S (2020). A Review of Micronutrients and the Immune System–Working in Harmony to Reduce the Risk of Infection. Nutrients 12, 236
Lin R (2016). Crosstalk between Vitamin D Metabolism, VDR Signalling, and Innate Immunity. BioMed Research International. Volume 2016, Article ID 1375858, 5 pages
Okumura R, Takeda K (2018). Maintenance of intestinal homeostasis by mucosal barriers. Inflammation and Regeneration 38:5
Sassi F, Tamone C, D’Amelio P (2018). Vitamin D: Nutrient, Hormone, and Immunomodulator. Nutrients 10, 1656
Wu D, Lewis ED, Pae M, Meydani SN (2019). Nutritional Modulation of Immune Function: Analysis of Evidence, Mechanisms, and Clinical Relevance. Front. Immunol. 9:3160

EMERGENZA CORONAVIRUS

EMERGENZA CORONAVIRUS: NESSUN ALLARMISMO, MA SOLO MISURE DI PREVENZIONE

TRIAGE TELEFONICO!!   “una telefonata salva la vita” e dalla diffusione pandemica!

Obiettivo: ridurre al minimo le occasioni di contatto tra pazienti che presentano sintomi compatibili con un sospetto di una affezione respiratoria di probabile origine virale suggestiva per COVID-19 e altri pazienti.

In caso di sintomi influenzali, e questo è il periodo, anche una febbre non troppo alta ma persistente, è bene che non ci si muova verso lo studio del MMG, della CA, né verso l’ospedale, se non dopo un contatto telefonico, con i numeri di pubblica utilità creati a livello nazionale e regionale su questa infezione.

Gli assistiti con febbre e sintomi influenzali respiratori sospetti NON vengano in studio!

Aumentiamo la disponibilità telefonica e pertanto abbiamo attivato un “triage telefonico” apposito per valutare i casi! E poi consigliare gli step da seguire.

Riduciamo i rischi inutili!

Se non si rispetta quanto sopra dobbiamo ESPELLERE IN MANIERA “RUVIDA” E NEGARE LE VISITE !!! 

Anche le visite domiciliari dovranno prima essere valutate, telefonicamente!!!

Attenzione che l’ambulatorio medico può essere il luogo migliore per contagiarsi!

Chi ha sintomi DEVE restare a casa!!! Non andare altresi’ al pronto soccorso o alla Guadia medica!! 

La mascherina  NON serve per chi NON ha sintomi, ma per chi ha sintomi!!!

Si a contatti telefonici!! Daremo i giorni di malattia senza problemi!!

Si può altresì chiamare il numero telefonico del Ministero della sanità preposto: il 1500.

Personale preposto vi farà delle domande mirate per capire la vostra situazione, se è il caso verrà attivato il 118 per l’invio di una apposita ambulanza, che seguirà un percorso di diagnostica mirata al caso.

Mi raccomando ditelo a quanti più possibile. Ormai il Coronavirus è in ITALIA. Purtroppo è arrivato.

Nei prossimi giorni, presumibilmente, saranno suggerite una serie di linee guida proposte dalle organizzazioni internazionali che saranno recepite dallo Stato, dalle Regioni, dai Comuni. Noi dobbiamo semplicemente – si fa per dire – fare lo sforzo di rispettare quelle regole. In questo momento non c’è tempo per l’improvvisazione. Non c’è tempo di dire “Io non credo a quel che mi dicono le istituzioni”. Non c’è tempo per fake news, teorie del complotto, negazionismo. È un’emergenza sanitaria, questa, che non riguarda noi come singoli, ma che ci riguarda come comunità e come sistema Paese.

Noi dobbiamo essere parte della soluzione e non parte del problema.

NUOVO CORONAVIRUS – DIECI COMPORTAMENTI DA SEGUIRE

 

Perché si muore nel sonno?

Il sonno non è sempre da collegarsi a cose positive, infatti, basti pensare che per gli antichi greci il sonno era nient’altro che il fratello gemello di morte, due divinità che richiamavano alla notte e alle tenebre dell’oltretomba.

Già dalle epoche antiche era quindi evidente e temuto il legame che univa il sonno con la morte. Con il passare del tempo la morte nel sonno ha invece assunto dei connotati meno inquietanti; infatti, un decesso di questo tipo è considerato come quello più pacifico da poter desiderare. I motivi della morte durante il sonno sono vari e comprendono il russare, l’insonnia, fattori questi che ne vanno ad aumentare le probabilità di presentarsi.

Il dormire è un aspetto molto importante nella vita umana, infatti, è stato calcolato che ogni individuo passa un terzo della propria vita dormendo. La morte durante questa fase di riposo si può presentare sia in persone giovani che anziane, anche se in questi casi è più frequente, magari a seguito o come ultima fase di una lunga malattia.

Di solito, quando si muore durante il sonno non è necessaria un’autopsia per determinarne le cause, a meno che questa non avvenga in situazioni sospette o in persone giovani che non soffrivano di nessun tipo di patologia nota. Talvolta, neppure l’esame autoptico riesce a colmare i dubbi ed allora il medico userà delle definizioni, per indicare la causa del decesso, come insufficienza cardiorespiratoria, morte per cause naturali o vecchiaia. Questa risposta lascerà però i cari del defunto con il dubbio su quello che è il motivo della morte.

Morire nel sonno: le cause più probabili

Le cause della morte nel sonno possono essere dovute anche a fattori esterni, come ad esempio un terremoto, che va a causare il crollo della casa e che provoca a sua volta il decesso a causa dei traumi subiti. Anche il monossido di carbonio può uccidere durante il sonno, a causa di impianti di riscaldamento e altre fondi di calore malfunzionanti. Mentre una persona dorme questa è nel suo stato più vulnerabile e può capitare che malintenzionati ne approfittino per compiere un omicidio. L’utilizzo di medicine contro l’insonnia o per contrastare il dolore possono essere legate alla morte nel sonno, specialmente se questi sono assunti in modo eccessivo o insieme a sostanze alcoliche. Farmaci sedativi od oppiacei, che vengono prescritti per lenire dolore molto forte, possono andare ad alterare i ritmi respiratori, che rallentando diventano estremamente pericolosi.

Morire durante il sonno può però essere causato anche da cause naturali, come ad esempio problemi a cuore e polmoni. L’insufficienza respiratoria va a riflettersi su quello che è il corretto funzionamento del cuore. Questo può soffrire anche a causa di attacchi cardiaci che portano a loro volta a problemi di afflusso di sangue al cervello, che porta velocemente all’insufficienza respiratoria.

I polmoni si vanno a riempire di liquido, originando un edema che aggrava il quadro fino all’insufficienza cardiaca. Gli attacchi cardiaci si hanno quando un vaso sanguigno è ostruito e non permette al sangue di circolare correttamente e che quindi porta alla morte del tessuto che dovrebbe andare a irrorare.

Se il cuore non pompa, anche il resto del corpo muore in tempi rapidi. Se i battiti sono troppo lenti o troppo veloci, significa che le contrazioni del muscolo non sono regolari e possono portare a compromissioni del muscolo cardiaco stesso. Per questo motivo, le aritmie sono una delle cause più frequenti di morte nel sonno.

Anche l’insufficienza cardiaca congestizia è una fonte di rischio; questo disturbo causa un accumulo di liquido nel polmoni e si presenta con piedi e gambe gonfie a causa dell’edema periferico. Ogni problema che tocca il cuore si riflette sugli altri organi e può portare anche al presentarsi di un ictus, rischio ancora più alto se è presente anche l’ipertensione.

Anche le malattie respiratorie sono spesso causa di morte. Queste, infatti, si aggravano con il passare del tempo e possono essere fatali durante il sonno. Le principali patologie che colpiscono i polmoni sono la BPCO (broncopneunopatia cronica ostruttiva), l’enfisema, la fibrosi cistica, il cancro ai polmoni, la fibrosi polmonare, la polmonite, l’asma e l’embolia polmonare. Anche miastenia, SLA o problemi al sistema nervoso possono causare blocchi polmonari.

La SUDEP (Sudden Unexpected Death in Epilepsy), morte improvvisa di epilessia, può presentarsi durante il sonno e causare la morte.

Ci sono anche dei disturbi del sonno che sono altrettanto pericolosi; si tratta di:

  • Apnea ostruttiva del sonno, che va ad amplificare patologie come aritmie, insufficienza cardiaca o attacchi cardiaci.

  • La parasomnias, il sonnambulismo, può mettere chi ne soffre in situazioni pericolose, come esporlo al rischio di cadere dalle finestre.

  • Disturbi della fase REM possono portare a cadute dal letto, con conseguenti traumi come possono essere i traumi cranici.

  • L’insonnia fa aumentare il rischio suicidio.

Se si presentano problemi del sonno o segni di apnea notturna (russare, nicturia, bruxismo, eccessiva sonnolenza diurna, problemi cognitivi…) è opportuno rivolgersi a un medico, perché fortunatamente queste condizioni possono essere curate.

Fonti

Homer. “Iliad.” Hackett Publishing Company, Indianapolis, 1997.Hublin C, et al. “Sleep and mortality: a population-based 22-year follow-up study.” Sleep. 2007 Oct;30(10):1245-53.Jeyaraj D, et al. “Circadian rhythms govern cardiac repolarization and arrhythmogenesis.” Nature, 2012; DOI: 10.1038/nature10852.Kryger MH, et al. “Principles and Practice of Sleep Medicine.” Elsevier, 6th edition, 2016.Shepard JJ. “Hypertension, cardiac arrhythmias, myocardial infarction, and stroke in relation to obstructive sleep apnea.” Clin Chest Med 1992;13:437-458

Detossificazione e Genetica

Una grande quantità di sostanze tossiche di diversa natura chimica viene liberata ogni anno nell’ambiente che ci circonda e finisce per entrare nel ciclo aria-acqua-suolo, e per accumularsi nelle piante, negli erbivori e nei carnivori. Per rendersi conto della quantità di rifiuti tossici prodotti dall’uomo è sufficiente visualizzare le dimensioni dei “garbage state” cioè di quelle isole galleggianti di rifiuti plastici presenti nell’oceano pacifico e con le dimensioni pari a quelle del Canada. Queste sostanze si disgregano nel mare e finiscono nella catena alimentare ittica, ma alla fine, raggiungono l’uomo a causa della sua posizione apicale nella catena alimentare. “In altre parole tutto quello che scarichiamo nell’ambiente attraverso l’aria, l’acqua o nel suolo può ritornare sulla nostra tavola, negli alimenti di cui ci nutriamo.

Ad un’analisi attenta potremmo accorgerci che ci sono molte sostanze tossiche intorno a noi, anche in luoghi che frequentiamo abitualmente e che per tale ragione siamo portati a considerare sicuri”,ci spiega Giovanni Battista Gidaro, biologo, nutrizionista e consulente di nutrigenetica, autore del trattato: “Nutrigenomica ed Epigenetica, dalla Biologia alla Clinica (Edra 2017).

Tra queste sostanze troviamo una lunga lista, ma sostanzialmente possiamo elencare le seguenti: solventi volatili (es. stirene), oli minerali e carburanti (es benzina, diesel), fumo di sigaretta e fumi di scarico delle automobili, alcool etilico, diossine e sostanze affini, bifenili policlorinati (PCB), pesticidi (insetticidi, erbicidi, fungicidi, rodenticidi, fumiganti), metalli pesanti (mercurio, piombo, cadmio, arsenico), altri composti di origine industriale (es anilina, xilene,..), ftalati e bisfenolo-A presenti nelle plastiche, conservanti (es. parabeni presenti in farmaci e prodotti per l’igiene) e additivi presenti in alimenti, cosmetici e farmaci, ed infine sostanze di origine naturale come l’aflatossina-B1 che deve essere considerato come uno dei più potenti cancerogeni naturali . Queste sostanze entrano nel nostro organismo attraverso le vie respiratorie, la pelle, e la via alimentare in funzione delle proprie caratteristiche chimico-fisiche. Alcune vengono metabolizzate dal nostro fegato, inattivate ed eliminate, altre sono invece persistenti e possono accumularsi nei tessuti, in modo particolare tessuto adiposo, cervello e reni; altre ancora vengo bioattivate dal nostro sistema di difesa e possono esercitare i propri effetti sulle molecole bersaglio, diventando in alcuni casi anche carcinogene per effetto della fase di bioattivazione epatica.  L’esposizione cronica, giorno dopo giorno, anche a basse dosi di queste sostanze tossiche può causare un danno cellulare che nel tempo può evolvere a malattia di diversa natura (neurologica, cardiovascolare, endocrina, immunitaria e autoimmune), promuovere l’invecchiamento e favorire l’insorgenza di tumori. Vi starete domandando a questo punto quanto sia alta la probabilità di essere esposti a tali sostanze tossiche ovvero se l’esposizione cronica a sostanze tossiche sia un problema reale da tenere in considerazione. Vi rispondo analizzando alcuni esempi. Lo sapevate che il secondo più grande disastro ambientale al mondo causato da contaminazione con PCB è avvenuto in Italia? I PCB sono sostanze utilizzate a scopo industriale nei condensatori elettrici, ma si ritrovano anche i inchiostri e vernici, lubrificanti ed altri prodotti; sono veleni mitocondriali ed aumentano l’insorgenza di diverse forme di tumore, patologie neurologiche, autoimmuni e aborti. Essi non sono biodegradabili e persistono nell’ambiente; la principale via di contaminazione per l’uomo è quella alimentare attraverso cibi grassi come il salmone allevato, i formaggi ed il latte, anche quello materno che rappresenta una fonte di contaminazione per il neonato.

Lo sapevate che cuocere carne e pesce ad alta temperatura (griglia) produce Benzo(a)pirene ed Amine Aromatiche Eterocicliche (AAE) in quantità apprezzabili? Per intenderci il benzo(a)pirene si ritrova anche nel fumo di sigaretta e nei fumi di scarico delle automobili ed è notoriamente un cancerogeno. Le AAE sono state riconosciute come carcinogene dalla Organizzazione Mondiale delle Sanità sin dagli anni ’80 e sono state associate a tumori intestinali e della prostata. Per evitare la produzione di queste sostanze, è bene dunque cuocere la carne a temperature inferiori ai 125 °C, quindi al vapore, oppure in acqua (bollito) o nel sugo oppure come scaloppine evitando di fare diventare la carne marroncina o peggio ancora di bruciarla.

Lo sapevate che le plastiche di comune utilizzo possono rilasciare sostanze che si comportano da alteratori endocrini (“endocrine disruptors”) tra cui gli ftalati ed il bisfenolo-A (BPA), che sono state correlate a diverse patologie tra cui quelle della riproduzione e dell’obesità?. Gli ftalati sono aggiunti alle plastiche per renderle morbide (es pellicole anche per alimenti, bottiglie di plastica, sacchetti..), ma vengono rilasciati facilmente soprattutto a contatto con alimenti grassi. Gli ftalati possono anche essere rilasciati dalle plastiche nella polvere di casa ed essere poi inalati, particolarmente dai bimbi che giocano con giochi di plastica. Per quanto vi sembrerà incredibile, gli ftalati sono contenuti in alcuni profumi anche di marca e possono passare anche attraverso la cute. Il BPA viene invece aggiunto alle plastiche per renderle dure (es biberon). Un modo per difenderci dall’azione di queste sostanze è quello di ridurre l’utilizzo della plastica e preferire il vetro dove possibile.

Penso che questi tre esempi siano sufficienti a dimostrare come siamo tutti esposti a sostanze tossiche di diverse natura. Fortunatamente abbiamo un sistema di detossificazione endogeno costituito da set enzimatici specifici deputati alla trasformazione ed eliminazione delle sostanze tossiche o meglio delle sostanze estranee al nostro organismo, anche definite con il termine di xenobiotici. Questo sistema è organizzato in due gruppi di reazioni, quelle di fase-I e quelle di fase-II. Le reazioni di fase-I sono soprattutto svolte da una famiglia di enzimi chiamati citocromi (CYP450) che hanno il compito di trasformare gli xenobiotici, mentre le reazioni di fase-II sono reazioni sintetiche di coniugazione della sostanza tossica con gruppi chimici (es glutatione, acetile, metile, acido glucuronico) che ne facilitano l’escrezione. Le reazioni di fase-I, tuttavia bioattivano i procarcinogeni in cancerogeni che se non vengono prontamente eliminati dalla fase-II possono avere il tempo sufficiente per fare danni al DNA delle nostre cellule. Normalmente questi danni vengono prontamente riparati, ma nel tempo qualcuno può sfuggire ed accumularsi nel DNA danneggiando eventualmente geni coinvolti nel controllo del ciclo cellulare (oncogeni e oncosoppressori) ed aumentando il rischio di cancerogenesi. Sebbene i nostri enzimi di riparazione siano molto efficienti, differenze genetiche interindividuali nel sistema di detossificazione possono aumentare il rischio che gli xenobiotici possano accumularsi nell’organismo ed esercitare la loro azione tossica. Ad esempio, è noto che polimorfismi genici, ovvero cambiamenti relativamente comuni nella sequenza del DNA, nel gene CYP1A2 (allele Fast) possono aumentare la velocità di bioattivazione dei procarcinogeni quali il benzo(a)pirene, l’alfatossina-b1 e le AAE. Se il soggetto è simultaneamente portatore di polimorfismi sfavorevoli che riducono la velocità degli enzimi di fase II (GSTM1, GSTT1) o altri enzimi di fase I (EPHX1) deputati allo smaltimento dei cancerogeni bioattivati, allora questi composti cancerogeni finiscono per accumularsi e agire sul DNA. Per questa ragione, tali persone dovrebbero ridurre il consumo di carne cotta alla griglia. Lo stesso discorso vale per altre sostanze xenobiotiche: se la fase I funziona troppo e la fase II è rallentata, l’effetto globale è un accumulo di sostanza tossica o se preferite una riduzione della sua velocità di smaltimento. Deve essere notato che per altre sostanze, come la caffeina, vale un ragionamento opposto. La caffeina viene metabolizzata esclusivamente dall’enzima CYP1A2: se questo enzima funziona lentamente (metabolizzatori lenti) la caffeina tende ad accumularsi e questa condizione è stata associata ad infarto cardiaco non-fatale (da non sottovalutare), mentre se l’enzima funziona velocemente (metabolizzatori veloci), la caffeina viene smaltita velocemente senza conseguenze per la salute (Cornelis M.C. et al., 2006).

Come possiamo difenderci dalle sostanze tossiche? Possiamo attuare diverse strategie. Prima di tutto, dobbiamo ridurre l’utilizzo di prodotti che liberano sostanze tossiche nell’ambiente, iniziando dall’ambiente domestico. Fate attenzione alle etichette dei prodotti per l’igiene, dei cosmetici e dei detersivi per la pulizia della casa. Evitare il fumo di sigaretta ed il consumo di alcol etilico. La seconda strategia può essere quella di sottoporsi ad un test genetico per valutare i polimorfismi degli enzimi di detossificazione al fine di identificare eventuali debolezze del sistema di detossificazione da compensare con la nutrizione. La terza strategia è quella di personalizzare la nutrizione con metodi di cottura adeguati, alimenti protettivi e nutraceutici endomodulatori per compensare la presenza di eventuali polimorfismi sfavorevoli. Per fare un esempio, in persone con assenza del gene GSTM1 o GSTT1 l’impiego di glucosinolati (principi attivi presenti nel cavolo e nel broccolo) ha dimostrato di ridurre il rischio di tumore del polmone in uno studio condotto su 2141 pazienti e 2168 controlli (Brennan et al., 2005), mentre l’assunzione di isotiocianati ha ridotto il rischio di cancro colorettale in un altro studio (Yang G et al., 2010). Deve essere comunque precisato che i polimorfismi giocano solo un ruolo di modulazione del rischio e che potrebbero essere presenti altre varianti genetiche con un effetto patogenico più marcato. Pertanto, oltre a quanto già detto, si raccomanda un approccio preventivo globale basato su una dieta equilibrata (senza carboidrati raffinati) e variegata, ricca in verdure ed alimenti ad azione antiossidante e protettiva, su uno stile di vita salutare e su una regolare attività fisica settimanale, aerobica o con  75 minuti di esercizio vigoroso, in quanto questi pilastri costituiscono le fondamenta della migliore medicina preventiva come raccomandato dalle linee guida della American Cancer Society (ACS).

 

 

Per contattare il Dott. Giovanni Battista Gidaro:

cellulare 348.932.5053

email: gbgidaro@gmail.com, info@reportgenomics.com, www.reportgenomics.com

 

Ecco le mosse vincenti per la riuscita di un incontro a due

Preludio 

Create le condizioni favorevoli all’incontro d’amore

Preparare la scena per l’incontro d’amore non significa solo luci soffuse o musica in sottofondo. Per creare l’atmosfera giusta è necessario usare il tempo, il luogo, i sensi e l’umore per spostare l’attenzione dalle normali preoccupazioni all’amore.

Se non riusciamo ad assicurarci che l’atmosfera sia adatta, non riusciremo a essere perfettamente presenti a quanto sta per succedere.

Ci può sembrare difficile entrare in contatto con le sensazioni fisiche e possiamo pure faticare a concentrarci sulla passione, ma se prepariamo l’ambiente in modo adeguato avremo più probabilità di riuscire ad abbandonare il mondo esterno, quello delle preoccupazioni, per abbandonarci al mondo interiore delle sensazioni appassionate.

 

All’inizio di una relazione

La scelta del tempo è essenziale per la relazione, incontrarsi in un luogo pubblico può dare un senso di sicurezza e rilassamento. Limita le distrazioni scegliendo un posto in cui possiate sedere vicini, parlare, toccarvi e conoscervi meglio.

Quando tornate a casa è meglio iniziare dal divano, potrebbe essere troppo presto per puntare alla camera. L’importante è eliminare ogni tipo di distrazione e concentrarsi sul partner.

 

Scegli il momento giusto

Se fai l’amore quando non sei dell’umore giusto, solo perché pensi di “dovere”, potresti trascinarti in un umore nero che può uccidere il desiderio.

 

Invece se scegli il momento della giornata in cui senti forte il desiderio, accrescerai il tuo piacere. Molte coppie fanno l’amore di sera, ma tu potresti avere più energie al mattino, o preferire l’umore tranquillo del pomeriggio.

Allo stesso modo, e in particolare nelle relazioni a lungo termine, sii pronto ai cambiamenti per evitare la noia.

Evita di avere una routine troppo regolare, a meno che questo rituale non serva ad accendere il desiderio. Evita di dire no a orari insoliti (di primo mattino, nel bel mezzo di una giornata lavorativa) senza dare al tuo corpo la possibilità di decidere. Conta fino a trenta, poi rispondi nel modo più appassionato possibile. Se la risposta è ancora no, dillo. Se è sì, prosegui.

 

Usa i sensi, l’attrazione è un processo multisensoriale

Vista

Come molti mammiferi, anche gli essere umani identificano i partner potenziali basandosi su quello che vedono. Il cervello maschile risponde in modo particolare agli stimoli visivi quindi se volete eccitarlo usate i classici “trucchi” visuali, come consentirgli uno sguardo su una parte di pelle nuda.

 Numerosi studi indicano che il contatto visivo è vitale per gli incontri intimi. Uno studio sulla scansione cerebrale ha rilevato che quando le persone hanno mantenuto un contatto visivo prolungato, hanno iniziato a battere le palpebre simultaneamente e la loro attività cerebrale si è effettivamente sincronizzata. Questi lunghi sguardi aumentano l’attrazione reciproca.

Ricorda anche che le luci soffuse incoraggiano una maggiore vicinanza, una comunicazione più personale e un maggiore desiderio di toccare più che di parlare. Abbassa la luce o accendi alcune candele.

 

Udito

Entrambi i sessi sono eccitati dal suono, anche se le donne in misura leggermente inferiore agli uomini. I suoni e la musica risultano particolarmente erotici se seguono il ritmo dell’amore. Le voci risultano eccitanti se parlate piano e con toni bassi, come accade naturalmente durante l’amore.

Uno studio del 2014 ha rilevato che le persone cambiano il tono della voce quando parlano con qualcuno che trovano attraente. Le voci degli uomini variavano di tono e si abbassavano quando parlavano con una donna da cui erano attratti.

Le parole del sesso possono risultare eccitanti, ma solo se accettate da entrambi.

 

Olfatto

I profumi personali o quelli per gli ambienti possono risultare molto stimolanti perché particolarmente sensuali, oppure perché richiamano alla mente ricordi di precedenti esperienze esaltanti.

L’olfatto gioca un ruolo importante nell’attrazione. La ricerca suggerisce che le persone usino inconsciamente l’olfatto per scovare i compagni appropriati.

Comunque non devi vergognarti dell’odore naturale del tuo corpo, poiché le tue emanazioni contengono ferormoni (ormoni sessuali) e uno studio ha dimostrato che gli individui con una secrezione di ferormoni più elevata sono maggiormente attraenti e seducenti.

Gusto

Il gusto ha un ruolo importante nell’eccitazione, attivandosi prevalentemente col bacio, atto che permette di “assaggiare” l’altra persona.  È un momento cruciale in grado di accendere le fiamme o spegnere la scintilla. Si tratta di una fase che coinvolge relazioni spaziali sempre più strette poiché ti avvicini abbastanza da poter sentire l’odore dell’altra persona.

Anche se non te ne rendi conto, gli indizi che stai raccogliendo sono genetici. Il tuo odore e il tuo gusto sono determinati da un particolare complesso di geni che costituisce il tuo sistema immunitario.

Ti vengono comunque in aiuto alcuni cibi che sono talmente deliziosi da risvegliare i sensi, altri ancora sono così romantici che aiutano ad entrare nell’umore giusto (ne parleremo in un prossimo articolo improntato sul cibo e le sue azioni sulla sessualità.

C’è sempre stata una correlazione tra cibo e sesso perché sono due dei più grandi piaceri noti all’umanità ed entrambi gli appetiti devono essere naturalmente soddisfatti.

 

Tatto

E’ il senso che ha effetti più diretti sulla sessualità.

Il tocco romantico non è lo stesso di altre sensazioni tattili. Secondo uno studio di brain-scanning, quando le persone pensano di toccare un partner romantico, attivano una parte diversa del cervello rispetto a quella attivata pensando di toccare un oggetto inanimato. I ricercatori hanno scoperto che questa attività cerebrale era correlata al grado di amore appassionato che i partner avevano indicato nel questionario pre studio.

Nel  giusto contesto, un tocco leggero può essere molto persuasivo. 

Uno studio del 2007 ha rilevato che quando un uomo toccava leggermente il braccio di una donna mentre le chiedeva di ballare, era più probabile che dicesse di sì. Altre ricerche hanno scoperto che il tatto aumenta la risposta del cervello a una situazione emotiva. “Tale elaborazione avanzata può quindi aumentare l’empatia e la probabilità che il destinatario del tocco agisca a favore del toccante”, hanno concluso i ricercatori al termine di una ricerca nel 2011.

Focus sulle emozioni sensoriali

Emozionati prima di fare l’amore, danzando, abbandonandoti, concedendoti carezze o facendoti fare un massaggio; sperimenta una vasta gamma di sensazioni (un bagno caldo, una crema per il corpo, una goccia del suo profumo, un sorso di vino dal suo bicchiere, ecc…) per abituare il sistema nervoso a essere più ricettivo.

L’organo più erotico è il cervello, quindi se pensi che qualcosa ti ecciterà, sicuramente accadrà.

Tieni sempre a mente che la seduzione non riguarda solo il sesso, pertanto cerca di creare un distacco dal risultato in modo da essere sempre te stesso. Ricorda che l’anticipazione di ciò che potrebbe accadere è essa stessa metà del divertimento, quindi lascia che la tensione sessuale si sviluppi gradualmente in modo tale che quando finalmente accadrà, al partner “esploderà” la mente.

Prenditi il ​​tuo tempo e… il meglio deve ancora venire!

 

La Dr.ssa Valeria Guerra, Mental and Life Coaching

 

Solo i battiti uniti del sesso e del cuore insieme possono creare l’estasi.
Anaïs Nin

 

 

 

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