Tiroide e Levotiroxina: È sempre necessario intervenire?
Scritto da Luca Speciani
Ciascuno di noi ormai può contare un certo numero di amici e conoscenti che assumono la fatidica pastiglia per la tiroide.
Ma qualcuno si ricorda, che so, trent’anni fa, di avere avuto amici ipotiroidei? Evidentemente in questi anni qualcosa è successo. Due sono i fattori scatenanti. Il primo è reale ed è lo squilibrio nutrizionale prolungato legato alle continue diete, il secondo è la sovradiagnosi legata alla convinzione che un iperlavoro ipofisario correttivo (leggi TSH alto) autorizzi una diagnosi di ipotiroidismo. Il risultato è che molti si trovano ad assumere farmaci per la tiroide senza averne alcun bisogno.
Il compito dell’ormone tiroideo, triiodotironina, è quello di stabilire il ritmo metabolico dell’intero organismo. Se vi è tanto ormone i consumi saranno elevati e l’accumulo ridotto al minimo. Se l’ormone è basso prevarrà invece l’accumulo, e i consumi saranno ridotti.
L’ormone tiroideo modifica il tasso di trasformazione dell’energia chimica contenuta nel cibo: se produco tanto ormone tiroideo (non è la tiroide a deciderlo, ma l’ipotalamo) molta dell’energia assunta col cibo andrà sprecata sotto forma di calore, se ne produco poco, al contrario, sprecherò pochissimo come calore e tenderò invece ad accumulare o ad ingrassare.
Il primo segno di una tiroide pigra è un leggero innalzamento del TSH (thyroid stimulating hormone), l’ormone ipofisario che ha lo scopo di stimolare la tiroide a lavorare un po’ di più. Il fatto che i valori di fT3 e fT4 (gli ormoni tiroidei veri e propri) si mantengano nel range di normalità significa che non vi è nulla di grave e che il problema va inquadrato nei termini di un lieve ipotiroidismo subclinico, dove per subclinico si intende con assenza di qualunque sintomo.
Trattare un paziente con TSH più elevato della norma con terapia sostitutiva ormonale (levotiroxina) è dunque concettualmente errato, come ben documentato sia dalle linee guida americane che da quelle europee che mettono in guardia dal trattare con ormone sostitutivo tutti quei pazienti che, con fT3 e fT4 nella norma, presentino un valore di TSH fino a 10. Trattando si induce infatti ipertiroidismo iatrogeno, con insonnia, tachicardia, deperimento, agitazione e atrofizzazione graduale della tiroide. Le linee guida europee addirittura suggeriscono, dopo i 70 anni, di non trattare mai anche se i valori di TSH fossero più alti di 10.
Perché dunque un’intera generazione di medici tratta con estrema aggressività qualunque paziente che presenti valori di TSH appena fuori range?
Un medico di segnale userà un approccio più prudente intervenendo solo quando il TSH superi 10 o si abbiano alterazioni del valore dell’fT4.
È giunta l’ora di incominciare a lavorare sulle patologie endocrine assecondando, invece che contrastando, il prezioso lavoro di riequilibrio esercitato dal nostro organismo. Perché ciò che fa la tiroide nel momento in cui l’ipotalamo le segnala carestia o sottonutrizione è esattamente ciò che il corpo chiede in quel momento: un rallentamento metabolico. Se noi lo forziamo a consumare di più con un farmaco stimolante (levotiroxina) la risposta sarà un’ulteriore atrofizzazione della tiroide per ridurre la produzione ormonale naturale.
Nel delirio di diete ipocaloriche, fruttariane, mima-digiuni, 5+2, intermittenti, iperproteiche, chetogeniche, come volete che reagisca una povera tiroide se non rallentando il metabolismo e i consumi per riequilibrare le cose? Non è solo una speculazione logica. La letteratura scientifica lo conferma: un calo di leptina (= sottonutrizione) genera per via ipotalamica un immediato rallentamento tiroideo (Lechan 2006).
Riattivare una tiroide un po’ impigrita non è facile, ma nemmeno impossibile.
La tiroide soffre ogni segnale di emergenza: un’infezione, un’infiammazione, una situazione di forte stress, un’alimentazione squilibrata da interferenti endocrini, l’assunzione di farmaci, un lutto recente, possono spingere l’ipotalamo a rendere (saggiamente) più prudente la tiroide. Ma il più forte segnale di rallentamento tiroideo è proprio la carestia, la carenza energetica, il poco cibo, il digiuno. Serve dunque mangiare con abbondanza, ma prestare anche particolare attenzione alla qualità dei cibi, eliminando con decisione quegli interferenti endocrini (come zucchero, farine raffinate, edulcoranti, additivi industriali, grassi idrogenati) che, alterando i segnali ipotalamici di abbondanza o carestia, vanno ad alterare le risposte tiroidee.
Un gran numero di pazienti sotto trattamento ormonale non sono ipotiroidei e non avrebbero mai dovuto essere trattati, non avendo alterazioni di fT3 e fT4. Togliere a queste persone, con gradualità, un farmaco inutile, dovrebbe essere il compito di ogni medico che basi il proprio lavoro su solide basi scientifiche.